di Irene Noli
Nel gennaio del 1975, un Francesco De Gregori neppure 24enne pubblicava “Rimmel”, album che avrebbe segnato per sempre la storia della musica italiana. Un’opera preziosa capace di raccontare emozioni universali attraverso testi poetici e melodie eterne. A mezzo secolo di distanza, questo disco continua a illuminare generazioni vecchie e nuove con la sua intensità e la profondità delle parole che racchiude. Fu l’ LP più venduto dell’anno (al di là della soundtrack di Profondo Rosso), e ripercorrendone le canzoni cult non è difficile crederlo.
Rimmel: la maschera delle emozioni
“Rimmel” è la title-track dell’album e una delle canzoni più iconiche di De Gregori. Il titolo, ispirato al noto cosmetico, simboleggia il tentativo di mascherare le emozioni e la fragilità dell’animo umano. Il brano si apre con versi memorabili: “E qualcosa rimane / fra le pagine chiare e le pagine scure”. Queste parole, semplici ma profonde, evocano immagini universali di amore perduto e nostalgia. La melodia delicata crea un’atmosfera intima e riflessiva, pur velata di rancore. “Rimmel” è essenziale come l’album cui ha dato il nome: la semplicità è la chiave della sua potenza; il brano è il ritratto in musica di un’anima ferita, né più né meno, e quella ferita brucia ancora, lo capisci e senti come fosse tuo quel vecchio dolore mai sopito. Da segnalare anche la versione ballad di Tiziano Ferro, che l’ha rivisitata in un’interessante cover del 2020, per il suo album Accetto miracoli: l’esperienza degli altri.
Il testo di ‘Rimmel’, la title-track
E qualcosa rimane,
fra le pagine chiare e le pagine scure.
E cancello il tuo nome dalla mia facciata,
e confondo i miei alibi e le tue ragioni.
i miei alibi e le tue ragioni.
Chi mi ha fatto le carte,
mi ha chiamato vincente,
ma uno zingaro è un trucco.
E un futuro invadente, fossi stato un po’ più giovane
l’avrei distrutto con la fantasia,
l’avrei stracciato con la fantasia.
Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo
e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro.
Ancora i tuoi quattro assi, bada bene di un colore solo,
li puoi nascondere o giocare come vuoi,
o farli rimanere buoni amici come noi.
Santa voglia di vivere,
e dolce venere di Rimmel.
Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi,
se per caso avevo ancora quella foto,
in cui tu sorridevi e non guardavi.
Ed il vento passava sul tuo collo di pelliccia e sulla tua persona,
e quando io, senza capire ho detto “si”,
hai detto: “è tutto quel che hai di me”,
è tutto quel che ho di te.
Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo,
la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro.
Ancora i tuoi quattro assi, bada bene di un colore solo,
li puoi nascondere o giocare con chi vuoi,
o farli rimanere buoni amici, come noi
Pezzi di Vetro: fragilità e nostalgia
“Pezzi di vetro” è uno dei brani più struggenti dell’album, una canzone che delinea perfettamente il fascino magnetico e spavaldo esercitato da un giovane uomo concentrato completamente sulle proprie scoperte. Per un attimo fa credere a una donna di poterne far parte: passa come un uragano, la stordisce, la risucchia, poi prosegue per la propria strada. La fragilità di lei invece rimane lì, tra i frammenti di vetro, dolorosa memoria di un amore che non ha avuto il tempo di sbocciare. La nostalgia si mescola al rimpianto, creando un’atmosfera di amara bellezza che risuona nell’animo di chi ascolta la storia. De Gregori cattura magistralmente questa vulnerabilità, trasformandola in un’emozione sonora di rara intensità.
Pablo: storia di un emigrante
“Pablo” racconta la storia di un emigrante spagnolo in Svizzera, morto sul lavoro. Questo brano, scritto in collaborazione con Lucio Dalla, affronta temi di esodo e sacrificio, mettendo in luce le difficoltà e le speranze di chi lascia la propria terra in cerca di una vita migliore. “Pablo” è una canzone intensa e commovente, che riesce a toccare come un inno la pancia degli ascoltatori: si tratta senz’altro di una delle canzoni più emotive dell’album, capace di raccontare la vicenda del protagonista – con tutte le sue speranze e debolezze – con una potenza straordinaria. L’emigrazione e la morte sul lavoro sono temi caldi e mai risolti, così “Pablo” diventa un simbolo che riesce a dar voce a tante esperienze tragiche in modo autentico, commovente, mai retorico.
Buonanotte Fiorellino: una carezza a chi non c’è
Per stile e struttura, “ Buonanotte Fiorellino” è mutuata dalla morbida Winterlude di Bob Dylan, da sempre il modello artistico dichiarato del principe. Questa ninnananna a passo di valzer, ricca di vezzi e paroline affettuose, nasconde però un retrogusto molto amaro. Le emozioni di un amore finito sono come incapsulate nei ricordi delle piccole reliquie-feticcio rimaste nella stanza. Questa canzone rappresenta in effetti l’altra faccia della beffarda “Rimmel”: dopo la botta della separazione rimane in bocca solo il sapore delle cose inesorabilmente passate, relegate al ricordo di quando erano Oggi, di quando erano Presente. Nonostante sia una delle canzoni più divisive per i fan di De Gregori, lui continua imperterrito a riproporla nei live, certo che le cose dell’amore in 50 anni non siano poi troppo cambiate…
Quattro Cani: il branco dei diversi
“Quattro Cani” utilizza la metafora dei quattro animali per esplorare diversi aspetti dell’esistenza umana e della società. Ogni cane rappresenta una prospettiva unica: il primo, un vecchio randagione che vive ai margini e ha perso la capacità di mostrare gentilezza; il secondo, un bastardo che sa arrangiarsi, adattandosi camaleontico a quel che gli riserva la vita; la terza, una cagna che si nega e si dà, procreando figli che appartengono solo al mondo; e il quarto, forse il più simile alla maggior parte di noi, è un cane “addomesticato” che segue le pagine della convivenza civile giorno per giorno, con le sue regole, annusando però qualche volta l’ubriacante odore della libertà, di una vita più vera. Il cammino fatto insieme e il canto sotto la luna simboleggiano la condivisione e l’armonia tra queste vite apparentemente slegate. De Gregori, con il suo amore per i cani e il fascino per i loro comportamenti, ci invita a riflettere sulle nostre esperienze attraverso una toccante allegoria. Sotto la luna, siamo noi – la varia umanità – tutti sotto lo stesso cielo, a cercare per una vita intera il significato dell’esistenza.
Piano Bar: una dedica, oppure no?
Il 1975 è stato l’anno del grande freddo tra De Gregori e il suo ex compagno del Folkstudio, Venditti. Gli osservatori più maligni hanno sempre visto in “Piano Bar” un’allusione – dissimulata nelle tonalità in stile Piano Man – proprio al nemicoamico Antonello. Il brano dipinge il ritratto di un musicista bidimensionale che “vende a tutti tutto quel che fa”. Tuttavia, De Gregori ha chiarito a più riprese di aver solo giocato con l’equivoco, perché il vero ispiratore della canzone pare sia stato un anonimo pianista incontrato nella hall dell’hotel Hilton di Roma, lavoratore a cottimo che gli aveva lasciato un’impressione tristissima del proprio mestiere.
50 anni di Rimmel: un tour celebrativo per mezzo secolo di poesia
Rimmel ha attraversato le generazioni, diventando un punto di riferimento per la musica d’autore italiana. Francesco De Gregori, con la sua poesia e la sua sensibilità, ha saputo raccontare le emozioni più profonde e universali, rendendo l’album del 1975 un’opera senza tempo. Nel 2025, il principe De Gregori festeggerà l’anniversario della sua uscita con un tour celebrativo, il “RIMMEL 2025 – TEATRI PALASPORT CLUB”. Il tour inizierà a ottobre con una serie di concerti nei teatri italiani, per poi proseguire a dicembre nei palasport di Milano e Roma. Nel 2026 sarà la volta dei club, dove il cantautore riporterà la sua musica in un’atmosfera più raccolta – quella poi dove è cominciata la sua carriera – in una connessione diretta tra musicisti e spettatori. I biglietti sono già disponibili su Ticketone e nei circuiti di prevendita abituali.